Rendicontazione ESG, l'Italia arranca: UE valuta una rimodulazione degli obblighi
- Staff
- 13 mag
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A poco più di un anno dall'entrata in vigore della Corporate Sustainability Reportive Directive (CSRD), l'Italia sembra essere in difficoltà con gli adempimenti voluti dall'UE. E' quanto emerge dalla XIII edizione del Focus PMI, l’Osservatorio annuale sulle Piccole e Medie Imprese italiane promosso da LS Lexjus Sinacta, che traccia una linea su come la sostenibilità nel Belpaese si è sviluppata in questo ultimo anno. Quasi la totalità del campione delle aziende analizzate ha creato report molto dettagliati, ma anche poco chiari: le norme sempre più stringenti sono state sì recepite, ma hanno portato ad un burocratizzazione superflua delle carte.
La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) nasce con l’intento di armonizzare e migliorare la qualità della rendicontazione ESG a livello europeo. Tuttavia, per molte piccole e medie imprese, la normativa rappresenta un ostacolo concreto: le principali difficoltà riguardano la raccolta e la gestione dei dati, rendendo spesso la rendicontazione un adempimento tecnico più che uno strumento utile a comunicare il reale impegno in materia di sostenibilità.
Alla luce di queste criticità, cresce la pressione su Bruxelles per una revisione della normativa. Come riportato dal Wall Street Journal e da Reuters, diversi Stati membri dell’UE stanno spingendo per una proroga o un allentamento degli standard, ritenuti troppo gravosi per le PMI. Il Financial Times ha sottolineato come il confronto resti acceso: da un lato chi teme un indebolimento degli obiettivi ambientali, dall’altro chi ritiene che un’eccessiva regolamentazione possa ostacolare competitività e innovazione. Anche Vogue Business, in una recente analisi (febbraio 2025), segnala che la Commissione Europea sta considerando un intervento di semplificazione, volto a ridurre la burocrazia senza compromettere la trasparenza e la qualità dell’informazione ESG.
Nel quadro attuale, esiste il concreto rischio che la sostenibilità venga percepita dalle imprese come un mero obbligo burocratico, piuttosto che come una leva strategica di trasformazione. La ricerca italiana evidenzia come l’impatto reale della rendicontazione ESG dipenderà sempre più dalla capacità delle aziende di integrare questi principi all’interno dei propri modelli operativi, andando oltre la semplice compilazione dei bilanci.
Tuttavia, questo processo richiede investimenti mirati: in competenze specialistiche, strumenti digitali e risorse dedicate. Il vero nodo sarà trovare un equilibrio tra le richieste normative e la possibilità concreta, per le imprese, di comunicare in modo efficace e accessibile il proprio impegno. Se l’Unione Europea non riuscirà a definire una sintesi tra ambizione regolatoria e fattibilità operativa, l’intero impianto della rendicontazione ESG rischia di perdere credibilità — tanto agli occhi delle aziende quanto di cittadini e stakeholder.




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